LE CHIESE DI MADONNA DEL FUOCO NELLA STORIA

XVII Secolo: al tempo, la vecchia Cappella della Madonna del Fuoco era situata a poca distanza dalla Fortezza Borbonica, per la precisione a 120 tese=(236 mt circa ) dal bastione di S. Antonio, in corrispondenza dell’inizio dell’attuale via Aterno.
Un terreno di 2 coppe e 3 misure, il cui reddito, al tempo del catasto onciario, ammontava a 34 ducati, circondava la Cappella.
La sua giurisdizione territoriale investiva un territorio piuttosto ampio, 1378 tomoli (corrispondenti a circa 450 ettari di superficie), e inglobava le prime quattro contrade di
Pescara citra, avendo come riferimento la sponda sud del fiume omonimo.
L’ampia estensione territoriale richiedeva la presenza di due concurati per la gestione delle funzioni religiose, in conflitto spesso, tra di loro, presumibilmente per ragioni di interesse personale.
Nel corso dei numerosi eventi bellici dell’epoca, la relativa vicinanza della cappella alla Piazzaforte costituiva un elemento di intralcio per le operazioni di difesa della Fortezza ed un riparo per l’invasore di turno, fu così che nel 1815, il comandante della fortezza
pescarese Antonio Napoletani, che agiva per conto del re francese Gioacchino Murat, decise di radere al suolo il luogo sacro con l’utilizzo di mine amiche.
I fochesi, devoti da tempi remoti, persero il loro prezioso riferimento nonché il luogo a cui rivolgersi per implorare in preghiera la bontà del raccolto.
Nonostante le numerose suppliche nei confronti delle autorità del tempo, la ricostruzione tarda ad arrivare per cui, in occasione delle celebrazioni domenicali, la statua della Madonna del Fuoco veniva trasferita da un punto all’altro del territorio cittadino.
Una Madonna “senza fissa dimora” quindi, per un quarto di secolo circa.
L’estenuante peregrinare durò fino al 1839, anno in cui andò in porto la proposta di un contadino del luogo, tale Vincenzo Carlo di Ruscio, offertosi più volte per la donazione di un terreno.
La nuova chiesa sorse nel centro del territorio fochese, su via Stradonetto, secondo le precise indicazioni delle autorità comunali: ad un miglio dalla Fortezza ed a mezzo miglio dalla strada Consolare.
Il tanto auspicato obiettivo venne raggiunto grazie alle elargizioni dei fedeli. Le dimensioni erano piuttosto ridotte: 35 palmi x 34. Tradotto, 83 mq.
In sostanza stiamo parlando dell’attuale sacrestia: un solo altare, un calice d’argento, 12 candelieri di legno “pittati”, 12 fiori di carta orpellata, tre piccoli campanelli interni, 18 sedie di legno ed una campana di 400 libbre (128 kg).
Già nel 1842 si inizia a lavorare per un futuro ampliamento, anche se in verità i lavori procedono assai lentamente.
Nel 1851, il vicario foraneo di Francavilla, canonico Nicola Primavera, riferiva
testualmente: “ il De Marinis sta facendo in pulito il disegno della chiesa di Villa del Fuoco in ordine toscano”.
Si giunse pertanto a quella che oggi chiamiamo la “chiesa vecchia” con la facciata rivolta a nordovest e che per circa un secolo rimarrà il luogo di adorazione dei cittadini fochesi.
Nel corso della costruzione si parlò anche di chiesa camposanto, ma non se ne fece nulla per i soliti rimpalli burocratici; tuttavia qualche notabile del tempo trovò l’eterna dimora
sotto la pavimentazione della chiesa. Il caso più eclatante riguarda Antonio D’Annunzio,
nonno adottivo del Vate che, nel 1874, venne sepolto sotto uno degli altari laterali.
Questo specifico evento è ampiamente descritto nell’ultima pubblicazione di Giovanni Cirillo, dal titolo “ Antonio D’Annuzio- Storia di una sepoltura privilegiata”.
Passeranno diversi lustri prima che questa chiesa possa assurgere a ruolo di Parrocchia, pur avendone allora tutti i requisiti.

Nonostante questo, il 31 maggio 1934, con decreto dell’Arcivescovo di Chieti Mons. Giuseppe Venturi, la…”campana si cola”( in senso metaforico): Villa del Fuoco, dopo
secoli di appartenenza all’antica storia locale, diventa Parrocchia.
Fatalità vuole che nel 1948 ceda rovinosamente la struttura che teneva ancorata l’unica campana della chiesa, ed il sacro bronzo si disintegra a terra. La volontà dei fedeli fochesi,
nonostante il segnale non sia di buon auspicio, trasforma l’accaduto in un evento positivo: nel giro di tre anni, si costruisce il campanile con due nuove campane.
Ai tempi, i nostri parrocchiani vivevano più intensamente l’appartenenza alla comunità,
circostanza che induceva a pensare ad una nuova chiesa, più capiente, dal momento che la popolazione di Villa del Fuoco aumentava.

Il 6 ottobre del 1963 l’Arcivescovo di Varsavia, cardinale Stefano Wyszynsky primate di Polonia benedice la prima pietra della nuova chiesa Madonna del fuoco.
Dopo ventuno anni (1984), si renderà necessaria la “ribenedizione” di quella prima pietra, per mano dello stesso vescovo che aveva presenziato nel 1963, Antonio Iannucci.
Questo accadeva nel 1984, in concomitanza del 50° anniversario della parrocchia.

Stavolta l’argomento “nuova chiesa” passa per le mani del parroco di origine veronese don Giuseppe Comerlati che, grazie alla concretezza tipica che caratterizza la gente del nord, viene a capo finalmente delle innumerevoli complicazioni burocratiche. L’opera giunge a
compimento nel 1996, appena… 33 anni dalla prima pietra di Wyszynsky. La struttura architettonica di forma ellittica, in gergo denominata a “barca rovesciata”, di concezione
post conciliare è ritenuta più funzionale per i tempi moderni.
L’inaugurazione è del 7 settembre del 1996.

  • Secondo dati e considerazioni storiche, all’origine di questa venerazione verso la Madonna del Fuoco bisogna risalire ad una comunità di romagnoli trasferitasi da queste parti ai primi del ‘600 (periodo di ripopolamento) specie per sviluppare l’attività della pesca.
    Poiché è risaputo che la città di Forlì ha per patrona la Madonna del Fuoco con una antica e profonda devozione che risale al 1428, è verosimile che questi romagnoli ebbero la necessità di ricostruirsi, in loco, un riferimento di culto.
    Circa la dedizione dei forlivesi verso la loro Protettrice si racconta che al generale Nobile, figlio di quella terra, in occasione della sua famosa trasvolata col dirigibile sul polo nord, fu affidata un’effige della Madonna del Fuoco, da lanciare tra i ghiacciai a perenne ricordo.

Giovanni Cirillo – maggio 2021