La pagina infinita della sofferenza, compagna fedele delle vicende umane, eternamente fuggita, eternamente presente nella storia degli uomini e nella storia personale.
Essa appare, scompare e riappare di nuovo, e scrive capitoli nuovi di un libro senza fine, in ogni epoca, in ogni latitudine.
L’uomo soffre.
Circondato e avvolto dal multiforme mondo della sofferenza che scorre nella storia e sempre lo raggiunge, lo travolge, lo colpisce duramente e a volte, innocentemente.
Quanto più essa è acuta tanto più si eleva la protesta dell’uomo sulla terra.
A volte essa diventa lancinante, insopportabile, passa, e sembra che non debba passare, e la protesta assume allora e fa emergere con chiarezza, tutta la profondità della domanda: per quale motivo? Per quale scopo?
Lo spirito cerca il senso. Il senso della sofferenza. Cerca il senso di ciò che sembra non averne, cerca proprio quello che la sofferenza sembra non possedere.
La stessa domanda porta alla luce la profondità stupefacente dello spirito umano. L’uomo si interroga; dalle profondità della sua vita interiore affiora la domanda come se qualcuno parlasse dentro di noi e noi ne ascoltassimo la voce, e questa voce reclama il senso della sofferenza. Tale domanda, scaturisce dalle profondità del nostro essere e noi semplicemente ascoltiamo questo grido. La natura umana si ribella alla mancanza di senso e il pensiero si stacca, per così dire, dalla realtà sensibile e si indirizza a ciò che è oltre, al di là del mondo.
Le spiegazioni di ordine naturale non vengono prese in considerazione, non rispondono alla domanda, la quale cerca una motivazione, una causa più profonda, che chiede conto anche dell’ordine naturale, della costituzione del mondo, da cui in qualche modo, la sofferenza sorge.
ln qualche modo, la sofferenza è trascendenza.
Infatti l’uomo, spontaneamente, misteriosamente, pone questa domanda a colui che ha creato il mondo, a Dio.
Chiede una spiegazione e forse anche una giustificazione.
“Tu, che sei buono, che sei onnipotente, perché permetti che i tuoi figli soffrano e soffrano a volte innocentemente?”
Il cuore e il pensiero si volgono al diluvio dei tormenti e principalmente, ai bambini, i bambini innocenti, indifesi, affamati e violati.
E prima di mettersi in ascolto della risposta, a volte trae la sua conclusione: se Dio può evitare il male e non vuole, è un mostro; oppure non può, e allora non esiste.
Un sofisma che attraversa i secoli, che getta un’ombra oscura sulla bontà della creazione e sulla stessa esistenza di Dio.
Tuttavia, in questa tremenda desolazione, l’uomo può fare silenzio dentro di sé e scoprire che nella storia Dio ha risposto all’uomo.
Nessuno che sia stato raggiunto dall’annuncio del Vangelo può dubitare che Dio abbia dato una risposta e lo abbia fatto in un modo sconvolgente.
La mente e il cuore vengono attirati dalla Croce di Cristo.
Dio ha risposto al perché della sofferenza con la Croce di Cristo, la passione del Figlio.
Il creatore del mondo, il Signore della storia è crocifisso. Morto per il peccato dell’uomo. Morto per amore.
Per amore al peccatore e cioè, a ogni uomo della terra.
E l’amore si manifesta, si rende visibile, attraverso la sofferenza.
Colui al quale si chiedono spiegazioni sul perché della sofferenza, condotto davanti al tribunale della ragione umana, soffre sulla croce e soffre per amore, volontariamente e innocentemente.
Nella croce di Cristo è racchiuso il mistero della sofferenza che si rivela e si nasconde, perché essa rimane, per tanti aspetti, un mistero impenetrabile.
Lo scandalo della sofferenza innocente si mostra in tutta la sua pienezza nella croce di Cristo.
Non c’è nulla di più vicino alla sofferenza innocente dei bambini, della sofferenza innocente di Cristo.
Qui cessano le speculazioni umane, qui la ragione è chiamata a tacere perché diventa un ostacolo per accogliere, pieni di stupore, lo splendore della verità che ci supera infinitamente.
Anche chi scrive ha timore di avvicinarsi a questo mistero d’amore, di sfiorarlo e contaminarlo con la propria miseria e debolezza.
Tuttavia, consapevole della totale inadeguatezza e incapacità, fa riferimento principalmente alla propria, piccola, esperienza, e a quella di alcuni santi, per mettere in luce poche, essenziali verità, evitando di scrivere di ciò che ignora.
Poche cose, un po’ sperimentate.
Intanto, non può sfuggire il legame profondo, indissolubile, tra l’amore e la sofferenza che splende nella croce di Cristo.
L’amore è la luce che illumina il mistero della sofferenza ed è talmente grande il suo valore che può distruggere il peccato e la morte e salvare l’uomo e donargli la vita e la vita eterna.
Nella croce di Cristo, l’uomo si chiede se non viene indicato un senso e una via per lui.
E scopre che è proprio così, poiché la verità della croce è nascosta nel motivo della creazione dell’uomo, che è la vocazione all’amore: all’amore per Dio e all’amore per l’uomo. Questo è il senso della vita. Il senso della vita è l’amore.
Come si manifesta la verità dell’amore? Attraverso la verità della sofferenza. Per cui possiamo dire, paradossalmente, che la vocazione dell’uomo in questo mondo, è la vocazione alla sofferenza. Soffrire per amore è la vocazione dell’uomo, è il senso della vita. Così, ciò che appariva privo di senso, è l’unico senso della vita, è l’unico modo perché l’uomo possa realizzare se stesso.
Per intendere tale verità occorre andare oltre i freddi sillogismi, e immergersi nella realtà dell’amore.
Nel suo imperscrutabile disegno, Dio non ha rivelato a tutti questo mistero, il cui contenuto costituisce una chiamata, spesso non accolta, ma che continuamente risuona e diviene più chiara, nel tempo, alla coscienza: seguimi, sulla via della croce. Seguimi!
Accanto a questa verità, a questa chiamata, che potrebbe far rabbrividire, ci sono le dolcissime parole del Signore: “…prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce, il mio peso leggero”. Il Signore ci invita a scoprire il frutto della sofferenza per amore: questo frutto è la gioia e la pace.
Soffrire ed essere nella gioia sembra essere una contraddizione in termini, ma questa è la promessa del Signore e questa è l’esperienza e la testimonianza dei santi.
“…sono contento più che mai nel soffrire… bramo per me la parte migliore: il dolore” (San Pio da Pietrelcina),
“…dal momento in cui ho cominciato ad amare la sofferenza, ha cessato per me di essere sofferenza. La sofferenza è il cibo quotidiano della mia anima” (Santa Faustina Kowalska).
Questa è la testimonianza dei Santi, di coloro che conoscevano la scienza divina che erano stati trasformati a immagine di Dio, a immagine dell’amore, a immagine della Verità. ln questo modo essi erano immagine di Dio. Dio aveva ristabilito in loro la Sua immagine e loro avevano ritrovato sé stessi e la vocazione dell’uomo. Avevano piantato le loro radici nell’Essere che è Amore.
Chi è posseduto dall’amore ha nel cuore un desiderio, quello di soffrire per la persona amata. Il desiderio della sofferenza è il desiderio di manifestare l’amore.
“…o Gesù, quanto sono poche le anime che ti comprendono nel tuo martirio d’amore!… quando soffro molto la mia gioia è maggiore, mentre quando soffro meno, anche la mia gioia è minore” (Santa Faustina Kowalska).
Improvvisamente, inaspettatamente, la sofferenza, acutissima, ti raggiunge e tu diventi, in un certo senso, una sofferenza vivente; cerchi una via di fuga, ma non esiste, il mondo non possiede il rimedio, né può fornire il senso. Il pensiero si volge spontaneamente al cielo ed ecco il balsamo dolce che trasforma la sofferenza dall’interno. Essa c’è ancora, è interamente presente, ma è un giogo soave dal quale non vorresti mai uscire.
“Soffrire significa diventare particolarmente suscettibili, particolarmente aperti all’opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all’umanità in Cristo. ln lui Dio ha confermato di voler agire specialmente per mezzo della sofferenza, che è la debolezza e lo spogliamento dell’uomo, e di voler proprio in questa debolezza e in questo spogliamento manifestare la sua potenza” (San Giovanni Paolo II).
“…se Dio ci regalasse l’intero universo con tutti i suoi tesori, tutto ciò non sarebbe paragonabile alla più lieve sofferenza”. (Santa Teresa di Lisieux).
“Aut pati aut mori”, “patire o morire” (Santa Teresa d’Avila).
L’uomo crocifisso per amore è un altro Cristo.
“Ecco Signore due crocifissi, l’uno di fronte all’altro; il crocifisso divino che sei Tu e il crocifisso piagato dalla sua miseria che sono io, che apro le braccia per ricorrere alla tua misericordia” (Don Dolindo Ruotolo).
Ecco la testimonianza dei santi, il balsamo preparato per la croce.